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martedì 6 gennaio 2009

ANCORA SUL DD....MOTIVATI CHE TI PASSA....

LA PRESTAZIONE LAVORATIVA
di Giuliano Nicolini
Il risultato e la performance di un’azienda dipendono in maniera determinante dal livello di prestazione delle persone che in essa lavorano.
Il livello di una prestazione di lavoro dipende da un mix di numerosi fattori che sintetizzeremo, per brevità, in tre grandi voci: le competenze del personale, le sue motivazioni e le risorse che ha a disposizione.
La qualità di una prestazione lavorativa dipende infatti dalla competenza della persona rispetto al compito che è chiamata a svolgere, dalla motivazione a raggiungere l’obiettivo e, infine, dalle risorse tecnologiche, finanziarie, informative e umane che l’organizzazione gli mette a disposizione per lo svolgimento di quel compito.
Molteplici possono essere quindi le possibili cause di un insoddisfacente livello di prestazioni del personale.
Ad esempio il personale può essere competente ed avere una motivazione adeguata ma non avere le risorse necessarie (tempo, mezzi, strumenti, denaro). Oppure: il personale è competente ed ha risorse adeguate, ma non è sufficientemente motivato. O ancora, il personale è motivato, ha le risorse, ma non le competenze.
In ogni caso la prestazione finale è inadeguata, e l’azienda deve intervenire.
Obiettivo fondamentale per qualunque impresa è quindi arrivare al costante miglioramento della prestazione di lavoro, agendo sui tre fronti delle competenze, della motivazione e delle risorse attribuite al personale, nella consapevolezza che non esistono scorciatoie né meccanismi semplici da attivare.
In questo articolo ci soffermeremo in particolare sul tema della motivazione, in quanto spesso alla insufficiente motivazione del personale molte imprese non sanno come porre rimedio.
I sintomi di scarsa motivazione del personale possono essere molteplici. Normalmente si può ipotizzare una scarsa motivazione del personale quando questo si mostra incapace di assumersi responsabilità, o resiste a mettere in discussione routines professionali. 
Innanzitutto occorre rendersi conto che dalle organizzazioni dipende buona parte della responsabilità della motivazione di un individuo.
Spesso capita che una persona motivata e dotata di un buon grado di autostima personale, entri in un’organizzazione e vada incontro a un depotenziamento, a un calo di produttività, proprio a causa di fattori riconducibili all’organizzazione. È dimostrato che difficoltà nella vita organizzativa si traducono in prestazioni inadeguate.
In situazione di diffusa bassa motivazione del personale occorre analizzare con attenzione il contesto di lavoro in cui questo è inserito e le relazioni sociali e affettive tipiche di tale ambito.  L’attenzione alle motivazioni al lavoro rischia di essere fuorviante se è disgiunta da una valutazione analitica dei fattori organizzativi. Infatti il calo di tensione degli operatori appare quasi sempre intrecciato con le caratteristiche del contesto in cui lavorano.
Occorre quindi considerare quali sono i fattori del contesto lavorativo che possono avere un importante effetto sui livelli di motivazione. Innanzitutto va considerato il livello di abilità posseduta rispetto al compito: un livello inadeguato di abilità può indurre frustrazione e scoraggiamento.
Viceversa un livello sovradimensionato può indurre distacco e disaffezione. Altro elemento importante è la modalità di organizzazione delle attività: organizzazioni lacunose, errate o eccessivamente burocratiche influenzano in modo diretto lo stato d’animo dell’operatore, ed il suo rapporto col compito da svolgere.
Il tipo di leadership presente nell’organizzazione è un ulteriore elemento di contesto da considerare. È risaputo quanto la prestazione lavorativa sia condizionata dallo stile di direzione presente in azienda (o nei singoli settori). Capi paternalisti o autoritari, burocratici o lassisti oppure partecipativi determinano grande influenza sulla prestazione dei subordinati, incidendo sul loro approccio al lavoro e sui loro livelli di applicazione al compito.
Altre condizioni importanti sono quelle relative al clima delle relazioni sul luogo di lavoro, che si traducono in un determinato tipo di supporto e collaborazione ricevuta. Infine va considerato il contesto culturale dell’organizzazione: azienda piccola o grande, nuova o vecchia, urbana o rurale, dinamica o conservatrice, a cultura tecnica o a cultura commerciale, etc.
Sulla base della combinazione di tutti i fattori sopra citati i soggetti elaborano delle aspettative sui risultati della propria attività, ed effettuano variazioni preferenziali su di essi.
Per capire compiutamente quale è la situazione motivazionale dell’individuo occorre considerare le domande che l’individuo pone a  se stesso: Che cosa voglio ricavare dal mio lavoro? Quali risultati hanno una attrattiva per me? Ciò che faccio serve effettivamente per ottenere quel che desidero? È l’unico mezzo per ottenere i miei scopi? Se mi impegno nella prestazione che probabilità ho di ottenere il risultato atteso?
Il tipo di risposta che ogni persona dà a queste (e a simili) domande, influenza il livello di impegno e sforzo del lavoratore sul lavoro e quindi il livello delle sue prestazioni.
Il miglioramento delle prestazioni del personale passa attraverso la comprensione di quale è il valore attribuito dal soggetto alle ricompense del lavoro previste per la prestazione che gli è richiesta. Occorre considerare poi quanto l’individuo si aspetta che ci sia un legame positivo fra sforzo e risultato. Infine, ma non ultimo, occorre verificare la percezione del soggetto circa l’equità dei risultati ottenuti.
Molto spesso infatti il comportamento di un individuo si basa su percezioni soggettive di equità. Quando l’individuo percepisce che non esiste un trattamento privilegiato, una discriminazione di natura personale, egli sarà “più motivato” alla prestazione lavorativa. Una tipica valutazione di equità riguarda il rapporto tra l’impegno profuso, le energie, il tempo dedicati e la gratificazione organizzativa. L’individuo si chiede se quello che riceve è di più o meno di quanto non gli spetti. Un’altra valutazione riguarda, invece, l’equità del rapporto misurata sugli altri, comparando la situazione propria a quella altrui. Se la situazione è valutata come equa, è probabile che l’individuo mantenga il proprio comportamento organizzativo. Se la situazione non è percepita come  equa, allora forte è il pericolo di riduzione di impegno, o di richiesta di un aumento salariale, o di riduzione della considerazione che si ha di se stessi o, infine, di uscita dall’organizzazione.
Di fronte a queste situazioni, l’azienda deve capire se  il problema è di natura percettiva o meno. Se l’impresa funziona bene ma non tutti hanno chiari i sistemi di equità interna, allora il management deve sviluppare un’informativa maggiore, più chiara e trasparente, maggiormente efficace, più veloce e diffusa in tutta l’organizzazione. Lo scopo è quello di spiegare il perché delle differenze di trattamento. Se, invece, il management rileva la presenza di oggettive condizioni di iniquità organizzativa, occorre approntare immediatamente le risoluzioni adeguate, come, per esempio, il cambiamento del sistema premiante. Infine occorre considerare il confronto organizzativo: le persone non lo attuano solo all’interno della specifica organizzazione ma anche rispetto ad altre organizzazioni o all’area professionale di appartenenza. Per il manager, quindi, è necessario venire a conoscenza del trattamento retributivo, per esempio, di quella particolare figura professionale o posizione all’esterno della propria organizzazione, sul mercato del lavoro. A tale scopo possono servire gli strumenti come la valutazione delle posizioni o le indagini retributive.
Un ulteriore aspetto di fondamentale importanza per il miglioramento della prestazione lavorativa è quello legato alla valutazione della prestazione stessa. I sistemi di valutazione delle prestazioni devono considerare non solo i risultati della prestazione (il “cosa”), ma anche i comportamenti organizzativi (ossia il “come”).
In particolare, con riferimento al “come”, sono rilevanti i cosiddetti comportamenti di “cittadinanza organizzativa” – quali, per esempio l’altruismo, la coscienziosità, la cortesia, la virtù civica organizzativa – cioè quei comportamenti organizzativi non espressamente richiesti dal ruolo formale ma che, se presenti, risultano funzionali alla positiva realizzazione dei compiti. Essi, oltretutto, costituiscono un forte indicatore del grado di soddisfazione del lavoro, di motivazione dell’individuo al lavoro e all’organizzazione. Tali comportamenti possono essere rilevati direttamente attraverso analisi di clima, o indirettamente valutando, per esempio, il turnover, l’assenteismo o la produttività.
Una persona motivata al lavoro e all’organizzazione avrà un basso tasso di assenteismo sul posto di lavoro e, verosimilmente, avrà una produttività medio-alta. Il management, quindi, deve capire che una prestazione si poggia sull’armonico equilibrio di queste variabili che vanno costantemente monitorate e gestite per avere prestazioni soddisfacenti.

Che bello due amici una chitarra e lo spinello,e una ragazza giusta che ci stà
e tutto il resto che importanza ha?........
E questa amici miei è una storia disonesta e puoi cambiarci i personaggi ma
quanta politica ci puoi trovar.
(Stefano Rosso-Una Storia Disonesta)

Per La Serie le Pasquinate......Aspettiamo e vediamo che ci porta la Befana

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