Riporto un post di Massimo Giannini*
"Caro Marchionne, non sarà mai una festa
Sergio Marchionne a Los Angeles
Il “Marchionne show” a Detroit resterà negli annali dell’imprenditoria italiana. Alla vigilia del referendum su Mirafiori, l’amministratore delegato della Fiat ha ripetuto molte cose che aveva già detto. A partire dal fatto che, se l’accordo passerà con almeno il 51 per cento, il Lingotto andrà avanti con i suoi investimenti, mentre se vinceranno i no allora “si chiude”, il gruppo se ne va a produrre altrove. La logica è sempre la stessa: tecnicamente ricattatoria. Con tutto il rispetto, non saprei trovare altre definizioni.
Ma stavolta c’è di più. Il “ceo” italo-svizzero-canadese ha condito questo avvertimento con una chiosa che mi ha colpito. Nel confermare che se il referendum non passa la Fiat chiuderà Mirafiori e procederà alla delocalizzazione dell’impianto in Serbia o chissà dove, Marchionne ha aggiunto: “E ce ne torneremo a festeggiare a Detroit”. Questo è davvero incomprensibile. Intanto, non si capisce l’opportunità “politica” di infiammare gli animi fino a questo punto, a poche ore dal voto degli operai che dovrà decidere del loro destino di lavoratori, di individui, in molti casi di padri e di madri di famiglia.
Ma poi, davvero, non si capisce cosa ci sarebbe da “festeggiare”. È una “festa”, se una grande azienda di automobili italiana decide di chiudere un impianto che esiste da un secolo, e che rappresenta un pezzo di storia non solo industriale, ma anche sociale di questo Paese? È una “festa”, se scompare dal nostro tessuto produttivo un luogo fisico, e anche simbolico, attraverso il quale sono passate centinaia di migliaia di donne e di uomini che, migrando molto spesso da un Sud povero e disperato, hanno trovato proprio a Mirafiori non solo il sacrificio, ma anche il riscatto? È una “festa”, se si getta al macero un “bene collettivo” come quello stabilimento, dove tra gli Anni Cinquanta e Sessanta si sono formate e forgiate generazioni di italiani che hanno conosciuto l’affrancamento dal bisogno, la sapienza e la dignità del lavoro, e hanno accumulato quel patrimonio di diritti che sempre il lavoro porta con sé, e che trasforma un operaio alla catena di montaggio in un “cittadino” della polis
Comunque si giudichi l’accordo voluto dal Lingotto e il piano “Fabbrica Italia”, l’operato di Marchionne e la resistenza della Fiom, questa non è, non può essere e non sarà mai una “festa”. Se diventasse realtà, la chiusura di Mirafiori sarebbe un dramma per tutti. Non solo per i sindacati e per i lavoratori, ma anche per il governo, per l’opposizione, per l’Italia. Evidentemente dev’essere difficile capirlo al di là dell’Atlantico, nella lontana Auburn Hill: ma sarebbe una tragica sconfitta soprattutto per la Fiat."
*
Massimo Giannini (Roma,6 febbraio 1962) è un giornalista e scrittore italiano.
Laureato in Giurisprudenza ha collaborato con il Sole 24 Ore e con La Stampa
Già editorialista e redattore capo della sezione politica, diviene poi vicedirettore del quotidiano La Repubblica
Per La Serie Le Pasquinate
30 anni fa ci mettemmo la tuta addosso e iniziammo a fare pulman. A dispetto di quanto voglia dire qualche pseudo dirigente: Forse abbiamo veramente "fatto" la fabbrica
AVVISO AI NAVIGANTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con cadenza periodica.Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n°62/2001. L'aggiunta di immagini è a completamento dei post Nel caso,però, avessi utilizzato,anche prelevandole dal Web,immagini protette da diritti,chiunque fosse titolare di tale diritto e ritenesse di non concedere il permesso per la loro pubblicazione è pregato di avvertirmi e provvederò all'immediata rimozione
Nessun commento:
Posta un commento